Panic! At the cottage (capitolo 2)
Mar. 28th, 2021 12:00 amHermione era senza parole. Sentiva di avere la faccia congelata in un'espressione da trota , con bocca aperta e occhi spalancati. Il suo cervello non sembrava in grado di processare quello che stava succedendo, o meglio, sentiva uno strano senso di irrealtà, come quando nei sogni ti rendi improvvisamente conto che il cielo non dovrebbe essere verde, ma quello è ancora lì, a sbeffeggiare il tuo inconscio con la sua assurdità.
E poi, lentamente, gli ingranaggi cominciarono a muoversi, i tasselli ad andare al loro posto. Si era sempre considerata una persona logica, era sempre stata fiera della propria capacità di razionalizzare, risolvere gli straordinari puzzle che le si presentavano davanti, unire i puntini fino ad avere l'immagine intera.
Anche quella situazione non era da meno.
Malfoy era arrivato in modo inaspettato e improvviso, così come tutti gli altri ospiti da quella mattina, a partire dai signori Weasley fino ad arrivare a Bonky l'elfo domestico.
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Alcuni degli ospiti sembravano sapere del (presunto) matrimonio già al loro arrivo, e anche se non aveva parlato con tutti i presenti sembrava che questo si applicasse almeno alla famiglia Weasley. Tranne che a Ron.
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Ron, come Malfoy, era stato colto di sopresa dall'evento. Cos'altro c'era in comune tra i due?
L'ultima frase pronunciata dal suo interlocutore sembrava rimbombare nello spazio vuoto e silenzioso che si erano ritagliati, espanso in quei pochi istanti di intenso ragionamento. Hermione sentì che stava iniziando a sudare, e il cuore le batteva tanto forte in petto che le sembrava di sentirlo martellare nelle orecchie; le pareva che i battiti risuonassero ancora più sonoramente del ticchettare del grosso orologio a pendolo che troneggiava poco distante, avvertendola di qualcosa a cui il suo cervello non era ancora arrivata.
La tua lettera, Granger. I… ricordi. Li ho visti.
La lettera. I ricordi. I ricordi?
"Oh no" sfiatò, sentendo di star iniziando a iperventilare. Chiuse la bocca di scatto, trattenendo il respiro, perché l'unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento era un attacco di panico. I suoi pensiero stavano andando in ogni direzione, cercando di prevedere l'imprevedibile, agitandosi come i pesci in un acquario disturbato dal tamburellare molesto di un bambino capriccioso. Ma chi era, quel bambino?
"Granger..." Malfoy ora sembrava dubbioso, forse perché il silenzio si era protratto un po' troppo a lungo. Hermione valutò che le sembrasse anche vagamente offeso, forse dalla sua reazione. Offeso!
"Shish!" lo zittì, alzando un dito perentorio nell'aria tra di loro "per piacere, solo..."
Sentiva il sudore che iniziava ad addensarsi sulla nuca, mentre una possibilità orribile si faceva strada nella sua mente, senza che riuscisse a fermarla.
Il ricordo che era arrivato a Ron era quello del loro primo bacio. Lei non aveva mai baciato Malfoy. Ovviamente. Ma... beh... santo cielo, cosa poteva aver visto?! Eppure...
"Granger, se sta per prenderti un colpo gradirei saperlo, così posso levare le tende prima ed evitare di essere incolpato anche della tua dipartita"
Le scappò uno sbuffo che somigliava tremendamente a una risata, mentre con una certa fatica ritornava alla realtà, anche se sentiva un gran caldo dal collo in su, il che probabilmente voleva dire che il suo viso aveva l'etereo colore di una barbabietola.
"Gra..." iniziò di nuovo Malfoy, con un tono impaziente e vagamente lamentoso, ma lei lo interruppe di nuovo.
"Ce l'hai?" domandò, riuscendo a malapena a mantenere abbastanza coraggio per guardarlo in faccia. Aveva di nuovo quell'espressione un po' schifata, e nonostante tutto non riusciva a sentirsi troppo indispettita: il cocente, tragico imbarazzo stava coprendo ogni altra emozione.
"Che cosa dovrei avere, per l'amor di Morgana? Granger, per favore, cerca di tornare in te!"
"I ricordi" ringhiò lei, scoprendo con sorpresa che l'imbarazzo si stava finalmente trasformando in rabbia, forse per l'incapacità di sopportane altro "li hai portati o no?"
"Ti sei forse bevuta il cervello? Se-" iniziò di Mr Simpatia personificato, che la guardava con lo stesso calore che avrebbe riservato a un secchio di vermicoli.
"Piantala!" strillò finalmente Hermione, il che gli face chiudere di scatto la bocca come se gli avesse scagliato un silencio "ma insomma, hai idea di- insomma, tu arrivi qui, con quell'aria da principe degli unicorni, come se questa giornata non fosse già allucinante abbastanza, e poi tiri fuori quella... mi dici che... insomma, Malfoy, per una volta in vita tua smettila di pensare che l'intero universo giri intorno al tuo ego! Io sono qui, sono una persona, con dei sentimenti e... e delle reazioni, e se non riesci ad avere un briciolo di empatia per capirlo almeno abbi la decenza di stare zitto!"
Senza che se ne accorgesse era finita ad urlare, a buttare fuori tutta una serie di emozioni stipate che non si era nemmeno resa conto di aver tenuto imbottigliate per anni. Sentiva la gola roca, e anche se il suo sfogo era durato pochi secondi si sentiva ansimante come dopo una maratona.
Si guardarono in faccia per qualche istante, e lei cercò, suo malgrado, di leggere tutto il possibile dal volto dell'altro, ora più pallido e appuntito che mai. Le sue sopracciglia erano aggrottate, e riusciva a intuire che aveva i denti serrati dalla tensione della mascella. Forse le avrebbe urlato contro, forse si sarebbe smaterializzato, forse avrebbe detto una sola frase sprezzante che l'avrebbe tagliata in due come un coltello, ora che (se ne rese conto con orrore) aveva abbassato troppo le sue difese da permettergli di farlo.
"Va bene"
Quelle parole furono come uno schiaffo inaspettato, qualcosa di assurdo e miracoloso, ed Hermione si trovò a trattenere di botto il respiro.
"Va bene cosa?" domandò, con voce atona.
"Va bene, hai ragione. Ho detto quello che dovevo, tu prenditi il tempo che vuoi. Io vado fuori."
E ciò detto, senza neanche aspettare un'altra risposta, Malfoy girò i tacchi e se ne andò, chiudendo con sorprendente delicatezza la porta dietro di sé.
Hermione sentì improvvisamente una stanchezza infinita, simile a quella che si prova dopo una battaglia.
Calo di adrenalina le suggerì il suo cervello, razionale come sempre, poco prima che le ginocchia le cedessero.
Quando Ginny entrò in casa a passo di marcia, attirata dalle urla di poco prima, la trovò seduta a terra con il volto tra le mani.
"Hermione!" esclamò, con una densa nota di preoccupazione nella voce, crollando al suo fianco, ma quando lei scostò le mani dal viso notò, con suo grande stupore, che sorrideva, con un sorriso così splendente e occhi così luccicanti da farla sentire un'intrusa. "Tutto bene...?" bisbigliò, improvvisamente timorosa di rompere qualcosa di importante.
Hermione annuì, le labbra strette in un sorriso un po' lacrimoso, ma guardandola con un viso così aperto e onesto che Ginny si sentì chiedere, con trasporto "Qualunque cosa ti abbia dato Malfoy, ti prego, passamene un po'!"
Hermione si mise a ridere, scuotendo la testa. Sapeva di essere assolutamente ridicola, di star avendo una reazione spropositata, ma si sentiva... invincibile.
"Mi sei mancata, Ginny" fu la risposta di Hermione, ricevuta da uno sguardo attonito "so di non essere stata una buona amica, di essere sparita nel nulla, ma davvero-"
Non riuscì ad aggiungere altro, perché si ritrovò d'un tratto avvolta in un caldo, strettissimo braccio profumato di fiori, e seppe che non c'era altro da dire.
Rimasero così per qualche minuto, ma quando si staccarono Hermione vide che Ginny aveva gli occhi un p0' rossi. Si trovarono scompigliate, sottosopra e felici, e per un istante fu come se il tempo si fosse riavvolto e fossero di nuovo nella piccola stanza luminosa della Tana, bisbigliando di cose segrete sul pavimento di legno, sotto la finestra.
"Che diamine è successo qui dentro?" fu la nuova domanda di Ginny, che arricciò un po' il naso, formando un buffo grumo di lentiggini.
Hermione ridacchiò.
"L'incredibile, credo. Senti qua: penso che ora io e Malfoy siamo amici"
"Eh?!" l'espressione di Ginny era più schifata che scioccata, e Hermione non poteva darle torto "come diavolo è potuto succedere?"
"Non ne ho idea" fu la sua risposta onesta, data con una piccola scrollata di spalle "ma sai, penso che in realtà non mi importi. A volte le cose hanno un loro modo di aggiustarsi da sole"
"Sembra una frase che avrebbe detto Silente" commentò Ginny, storcendo un po' la bocca.
"Ed è una buona cosa?"
"Non ne ho idea. Harry direbbe di sì, ma lo sai com'è lui, con Silente. Vorrebbe dare anche il suo nome al bambino, ma io ovviamente sto cercando di oppormi"
Si guardarono per un paio di secondi, poi la bocca di Ginny iniziò a tremolare.
"NO!" strillò Hermione, spaventando a morte Grattastinchi, che si era avvicinato facendo le fusa, e ora si allontanò in fretta con la coda sdegnosamente dritta.
"Sì" sogghignò Ginny, con la faccia da volpe "e di secondo nome Severus, riesci a crederci?"
"Ginny! Un bambino?! Oh mio... io... congratulazioni!"
"Oh Hermione, non metterti a piangere..."
"Non... sto piangendo..."
"Dai, se sapevo che ti avrebbe fatto questo effetto non te l'avrei mai detto oggi, non voglio mica rovinarti il matrimonio, Bonky mi ucciderebbe!"
Oh, cavoli, giusto. Il matrimonio. Era ora di affrontare anche questo problema, perché non era intenzionata a immolarsi per gli elfi domestici al punto di sposare Neville Paciock.
"Senti, Ginny, si può sapere da-"
Ma non riuscì a finire la frase, perché la porta di casa si spalancò di nuovo, e nell'ingresso fece la sua apparizione un Ron estremamente trafelato, che fissò per un momento Hermione e Ginny, la prima estremamente lacrimosa, entrambe accasciate a terra come sacchi di patate. Boccheggiò leggermente, con gli occhi spalancati, poi serrò la bocca con un sonoro tlak.
"Io lo ammazzo" affermò, con tono a dire il vero molto calmo, quindi girò i tacchi e sbatté la porta dietro di sé.
Ginny ed Hermione si guardarono, perplesse. Poi, contemporaneamente, fecero due più due e le loro facce si dipinsero di puro, identico orrore.
Ginny fu la prima a balzare in piedi, forse pensando che un brutale omicidio non avrebbe giovato all'atmosfera festiva delle nozze, e si scagliò fuori, seguita a ruota da Hermione.
Nel poco tempo che era stata in casa, il panorama esterno era drasticamente cambiato: un nuovo drappello di ospiti era comparso, tra cui riconobbe con orrore molti ex Grifondoro, tra cui una festosa Angelina Johnson, Dean Thomas, Lee Jordan e persino Oliver Baston, e stavano chiacchierando allegramente con in mano dei piattini di carta ricolmi di stuzzichini. Forse grazie alla capacità organizzativa degna di un caporale della Signora Weasley, il grosso tendone argenteo copriva la quasi interezza del giardino, e nel momento che mise piede al suo interno Hermione non poté fare a meno di dimenticare per un istante la sua urgenza e trattenere il fiato.
E' la Sala Grande, pensò, scioccamente, ma non era così lontana dalla verità. Evidentemente qualcuno doveva aver trovato il modo di replicare, almeno in parte, l'incantesimo che trasformava il soffitto della sala in un cielo stellato; in questo caso, però, alzando gli occhi si era come trasportati all'interno del bosco poco distante. I grandi rami degli alberi facevano filtrare la luce splendente del mezzogiorno tra le foglie, creando un'atmosfera fiabesca. Dalla struttura del tendone pendevano grosse lanterne a forma di piante, che fluttuavano a pochi centimetri dal soffitto incantato, ancora spente.
"Hermione!" la rimbrottò Ginny, tirandola per la manica.
"Sì, certo, scusa!" rispose lei, rimproverandosi mentalmente per essersi fatta distrarre. Poco lontano, proprio davanti al tavolo del rinfresco, un piccolo ma inconfondibile gruppetto di teste rosse era assiepato in modo sospetto. Si lanciò immediatamente in quella direzione, già temendo il peggio. Quando lei e Ginny furono abbastanza vicine si trovarono davanti alla stravagante scena di un Malfoy con in mano un canapè al salmone, che osservava con aria pigra un astioso e agitatissimo Ron, intento a puntargli contro un dito in modo minaccioso.
"Ora mi dici che cosa le hai fatto" intimava, ignorando testardamente i tentativi della Signora Weasley di capire cosa diamine stesse succedendo.
"Come al solito la tua capacità di eloquio è sorprendente, Weasley" rispose Malfoy, alzando il naso puntuto in aria e ostentando indifferenza per l'agitazione del proletariato.
Perché doveva essere sempre così insopportabile? Si chiese Hermione, con un moto di sconforto, vedendo che Ron assumeva un'aria riottosa che era tutta un programma. Aprì la bocca per intervenire, ma qualcuno riuscì a batterla sul tempo.
"Diamine, giovanotto, ti impegni proprio tanto a renderti antipatico, eh?"
Tutto il piccolo gruppo fu preso di sorpresa dalla voce bonaria del Signor Weasley, che a quanto pare nessuno aveva notato avvicinarsi con in mano un piattino colmo di stuzzichini. Aveva un vago sorriso e si guardava attorno, completamente indifferente all'atmosfera tesa che regnava.
Anche Malfoy dovette abbandonare un attimo l'espressione colma di spocchia, ed Hermione notò con una certa sorpresa che gli giovava molto. Certo, era ancora pallido e appuntito e impomatato, ma era innegabile che non avere l'aria di chi si è trovato una caccabomba sotto al cuscino frenasse un po' il primario istinto di schiantarlo a vista.
"...si fa quel che si può" fu la risposta, data con una certa cautela, e con grande sorpresa del popolo, il Signor Weasley ridacchiò, scuotendo la testa.
"Papà!" protestò Ron, infuriato "ha fatto piangere Hermione!"
Ma subito si dovette rendere conto di come doveva essere suonato infantile, e infatti sembrò ritrarsi sotto lo sguardo imbufalito della madre.
"Ronald Weasley" sillabò a denti stretti "farai meglio a calmare i bollenti spiriti, oppure..."
"Piangere?" domandò Malfoy, storcendo il naso come se gli avessero detto che le tartine erano farcite di cacca di drago "che stai blaterando, Weasley?"
"Non fare il finto tonto!" borbottò Ron, anche se aveva perso gran parte del suo fervore "l'ho vista io, quindi farai meglio a... a..." ma non sapeva neanche lui cosa avrebbe dovuto fare, d'altronde non era mai stato un granché bravo a gestire le lacrime.
"Oh, per l'amor di Godric e del suo cappello!" intervenne infine Ginny, che probabilmente stava soffrendo per l'imbarazzo indotto "Hermione non stava piangendo per Malfoy."
L'idea, una volta posta in quel modo, sembrava in effetti abbastanza ridicola.
"Ma allora..." balbettò Ron, colto in fallo, e Hermione non poté che provare un esasperato moto di tenerezza nei suoi confronti. Sempre così scemo, sempre così pronto a difendere il suo onore, anche quando era completamente non necessario.
"Ero solo un po' emotiva per... beh... la notizia del bambino" dovette spiegare, intervenendo nel piccolo gruppo, e notando con grande scorno che tutti la guardavano con grande interesse.
"Ooooh!" sospirò la signora Weasley, portandosi una mano al petto con un grande sorriso.
Ron, invece, era impallidito, e Ginny le lanciò un'occhiata di fuoco. Ops. Probabilmente non lo sapevano ancora.
"Cielo... scusate, so che è una cosa improvvisa..." balbettò, cercando di rimediare.
"Ma no, ma no! Siamo solo sorpresi, ma è una splendida notizia, non è vero?" domandò il Signor Weasley, aggiustandosi gli occhiali e scrutando Hermione espressione intenerita.
Lei aggrottò le sopracciglia.
"Sì, certo... quindi, vedete, non c'è motivo di... voglio dire, Malfoy non c'entra nulla" aggiunse, con un certo imbarazzo, lanciando un'occhiata al diretto interessato, che aveva abbandonato l'espressione indifferente e ora la scrutava a sopracciglia aggrottate.
"Oh, cara!" esclamò la signora Weasley, che, non riuscendo più a contenersi, la abbracciò di getto "sono così felice! Ora si spiega... beh, non voglio dire, certo... ma il matrimonio è arrivato così di fretta"
Hermione, travolta dall'abbraccio, sbatté gli occhi confusa. Poi incontrò lo sguardo di Ron, che era pallidissimo e boccheggiava, e sentì la stessa espressione dipingersi sul suo volto prima ancora di capire cosa fosse successo.
"Oh... no! Voglio dire... io... Malfoy..." balbettò, orripilata dal tremendo equivoco, mentre la signora Weasley, sciolto l'abbraccio, le offriva un sorrisino materno e lacrimoso.
"Per piacere, non mettermi ulteriormente in mezzo" disse Malfoy, freddo, con il canapé al salmone che gli pendeva tristemente dalla mano.
"SIGNORINA!" strillò in quel mentre una vocina acuta e decisamente irritata "Bonky è mezz'ora che cerca! Dov'è finita? C'è cano selvaggio in pista!"
Forse sarebbe potuta scoppiare a piangere. A quel punto sarebbe stato comprensibile.
"Un momento, Bonky, devo solo..."
"Non momento, Signorina!" strillò la creaturina "c'è cano a tre gambe! Sposo è sparito, tu viene SUBITO!"
"HO DETTO UN MOMENTO" si trovò a ruggire, pestando un piede a terra, e facendo calare un certo silenzio tra gli astanti. Ginny la guardò con un'aria stranita, mentre avrebbe potuto giurare che Malfoy stesse trattenendosi dal ridere.
"Signorina" la interpellò Bonky, sussiegoso "lei non urla così a Bonky. Bonky è lavoratore pagato, signorina, non elfo domestico senza vestiti."
Hermione lo guardò come se le avesse appena scagliato un petrificus totalus. Sentì distintamente Ron ridacchiare, e gli lanciò un'occhiata di fuoco.
"Senti, Bonky, io..." iniziò, cercando di racimolare i pochi brandelli di pazienza che ancora le restavano.
"BONKY E' UN ELFO LIBERO" strillò la creaturina, sovrastando il suo vano tentativo di portare del senso a quella giornata "Bonky lotta per i suoi diritti e c'è legge che protegge Bonky, e lei.. lei..."
Con sommo orrore di Hermione, gli enormi occhi marroni di bonky si riempirono di calde lacrime, e il suo labbro inferiore iniziò a tremare.
Hermione si sentì come un vermicolo nudo nella nuda terra, e si fece piccola piccola davanti allo sguardo liquido e coraggioso dell'elfo, che la fronteggiava con evidente dignità.
"Lei fa fare a Bonky il suo lavoro. Perché Bonky se lo merita, signorina"
"Ah" commentò una voce beffarda alle sue spalle "voglio proprio vederti replicare, ora".
Ignorò platealmente la parole di Malfoy, odiando a morte l'idea che avesse ragione. Sconfitta e umiliata, abbassò la testa verso Bonky, che esibiva un'aria coraggiosa, e si rese conto che lo odiava a morte. Insomma, le era concesso odiare un elfo domestico, no?
"D'accordo" gli rispose a denti stretti "va bene. Andiamo a... dove ti pare. Chissenefrega" si rendeva conto di dover avere un'aria folle, ma a quel punto aveva importanza?
Le sue parole sembrarono far ritrovare il buonumore all'infida creatura, che improvvisamente le rivolse un sorrisone smagliante e raddrizzò la schiena.
Maledetto, viscido, infingardo... lo apostrofò nella sua testa, mentre lui le faceva cenno di seguirla verso la fine del padiglione.
"Infilzata dalla tua stessa spada, eh Granger?" la apostrofò Malfoy, che sembrava aver ritrovato il buonumore. Con suo grande stupore, sentì Ginny sghignazzare a quelle parole, ma non si voltò a guardare.
"Scommetto che ti sta simpatico, eh, Malfoy?" domandò quest'ultima, con tono allusivo.
"Sai, Weasley, devo proprio dire di sì" fu l'ultima risposta che sentì, in una straordinaria sfumatura autoironica, prima di venir definitivamente rapita dall'elfo domestico in frac, che la trascinò dall'altra parte del giardino, dove troneggiava un piccolo palco argentato, e al suo centro, un orrendo cagnetto spelacchiato intento a masticare di gran lena una grossa coscia di pollo.
Il palco era sistemato proprio di fronte alla casa, all'imbocco del piccolo sentiero in terra battuta che portava alla serra. Gli operai si muovevano, efficienti e veloci, ad allestire tutto intorno i tavolini rotondi e le sedie, il cui numero allarmò lievemente Hermione. Quante persone ancora si sarebbero presentate, quel giorno?
"Signorina fa qualcosa!" sibilò Bonky, indicando con il lungo ditino sottile il peloso occupante del palco, intento a rosicchiare con fervore l'osso "cano ladro ruba dal buffet, signorina!"
Vedere la faccina dell'elfo raggrinzita dalla rabbia e dal disappunto risollevò momentaneamente il morale di Hermione.
"Suvvia, Bonky, si sta solo divertendo, no?" rispose, guardandosi comunque attorno, un po' perplessa. Da dove poteva essere sbucato quel cane? "Sai se è arrivato con qualcuno?" domandò poi.
"Bonky non sa!" rispose l'elfo, scrutando con sospetto l'animale "Bonky sperava che Signorina sapesse. Se cano non è di nessuno Bonky lo scaccia senza esitare!"
Aveva le dita pronte a schioccare e gli occhi pieni di feroce determinazione.
"Certo che no!" esclamò Hermione, indignata "penso che l'unica cosa da fare sia controllare chiedendo a tutti"
Con un po' di fortuna sarebbe riuscita a scrollarsi di dosso Bonky per il tempo necessario a capire dove si fossero cacciati i tre clamorosi assenti dell'ultima mezz'ora, e magari riuscire a respirare un momento per chiarire cosa diamine stesse succedendo. Valutò che la cosa migliore, in quel momento, fosse assecondare la follia.
"Posso contare sulla tua discrezione, Bonky? Non vogliamo certo mettere in imbarazzo i nostri ospiti."
L'elfo gonfiò immediatamente il petto facendo sporgere il papillon, e abbozzò un perfetto saluto militare.
"Signorina conta su Bonky, scoverà il padrone prima di subito"
E detto ciò, con un sonoro crack si smaterializzò, presumibilmente per andare a tampinare il primo sventurato della lista.
Hermione si concesse di sospirare un momento, ma fece l'errore di guardarsi attorno, il che inevitabilmente portò a incrociare lo sguardo con alcuni nuovi arrivati. Fece un sorriso stiracchiato verso un mago col cappello a cilindro che non conosceva, ma che le rivolse un gran sorriso e alzò un calice nella sua direzione. Lei rispose con un cenno della mano esitante, a cui rispose, con un sonoro "Ehy, Hermione!" la voce brillante di Lee Jordan, che le si avvicinò, seguito da Angelina Johnson.
"Congratulazioni" le disse quest'ultima, con un gran sorriso cordiale.
"Ehm... grazie" rispose Hermione.
In quel momento capì che era fregata: a quel punto ciò che le premeva più di tutto era scoprire l'origine di quello strano chaos, e più andava avanti più aveva idea che tutto fosse collegato in uno strano modo che ancora le sfuggiva. Recitare la sua parte avrebbe reso molto più facile arrivare alla soluzione. Quindi si sforzò di fare un bel sorriso.
"Sono contenta che siate riusciti a farcela... l'invito è arrivato per tempo, spero" aggiunse, provando a tastare il terreno.
"Per tempo? Beh, diciamo di sì" ridacchiò Lee "abbastanza inaspettato però. A proposito, non siamo ancora riusciti a parlare con Neville"
"Immagino sarete impegnatissimi, organizzando tutto così in fretta" commentò Angelina, piacevolmente "sembra tutto funzionare bene, anche se il wedding planner..." ridacchiò, alzando gli occhi al cielo.
Hermione ci mise pochissimo ad arruffare le penne.
"Il wedding planner?" domandò, con pericolosa educazione, ma nessuno dei due parve cogliere il segnale.
"Beh, un elfo domestico, andiamo... solo tu potevi avere un'idea simile" disse Lee, abbassando la voce.
"Veramente" disse Hermione, improvvisamente fredda "non sono stata io ad assumere Bonky, ed è estremamente competente"
"Ma sì, certo, non volevamo dire..." si affretto a rettificare Angelina, con aria ansiosa.
"Ora scusatemi, ma devo andare a cercare il mio futuro marito" disse Hermione "vi suggerisco di provare i canapè al salmone, Draco pensa che siano deliziosi"
E detto ciò, girò i tacchi e si allontanò, livida.
"Draco? Non Draco Malfoy?" sussurrò Lee, alle sue spalle.
"Shhh, non hai sentito cos'è successo? Pare che..."
Ma non sentì altro, marciando via a gran passi. Ridicolo! Dopo tutto quel tempo, dopo tutti i suoi sforzi, discorsi di quel genere. Certo, Bonky era un incubo che non avrebbe augurato a nessuno, ma cionondimeno! Le sembrava di essere tornata a scuola, ai tempi in cui sedeva in un angolo a sferruzzare furiosamente, fingendo di non sentire le risatine e ignorando i commenti sottovoce dei suoi compagni (e quelli non poi così s0ttovoce di Ron). Le sembrava di aver fatto tanti passi avanti, da allora, ma a volte le sembrava di vivere nella sua bolla, e che i suoi progressi esistessero solo all'interno di essa.
Senza quasi accorgersene aveva seguito il sentiero, allontanandosi dai rumori della festa per inoltrarsi nel giardino, costeggiando le mura della casa fino ad arrivare sul retro, dove svettava la piccola serra di Neville.
Quel momento di solitudine, in un luogo protetto e familiare, le fece istantaneamente rilassare le spalle e rallentare il respiro.
Ovviamente. Dove altro poteva essere sparito, se non lì? Era stata così concentrata nei suoi drammi che non aveva minimamente pensato che Neville doveva star provando tutto ciò che provava lei, o forse anche di più, dato che quella era la sua casa.
Si avvicinò ancora un po', cercando di spiare oltre i vetri per vedere se Neville si trovasse davvero lì, ma le grosse felci bluastre coprivano la visuale, così non le restò che aprire la porta e spiare all'interno.
Neville era lì, chino sul grande tavolo di legno, ma non era solo. Insieme a lui c'erano entrambi i gemelli Weasley. George, in piedi di fianco a lui, aveva l'aria preoccupata, teneva una mano sulla bocca, pensieroso, e batteva col piede a terra.
Fred era mezzo disteso sul tavolo, sul volto un sorriso un po' sofferente, la veste appallottolata sotto i gomiti.
"Ti dirò, Neville, se la carriera come professore non dovesse decollare dovresti chiedere il posto di Madama Chips. Le sue mani non sono mai state tanto delicate!"
Disse con voce allegra, ma a Hermione sembrò che mascherasse un po' di tensione. Si vergognò immediatamente di star origliando, ma quella era forse la prima volta da mesi in cui poteva sincerarsi dello stato di Fred. Arrossì un po', ma si sporse appena di più per vedere meglio.
"Piantala di scherzare" disse Neville, con tono deciso.
"Mai" risposero in coro i gemelli, quasi automaticamente, anche se George ostentava ancora la stessa aria preoccupata.
"Come va?" domandò a Neville, facendo saettare lo sguardo dal suo viso alle gambe del fratello, che alzò gli occhi al cielo.
"Suvvia, Georgie, mi sembri Percy! Non c'è nulla che..."
"Non dovresti esagerare, Fred" rispose Neville, chiudendo un barattolo di unguento che Hermione riconobbe subito come dittamo.
"In che modo avrei esagerato?" rispose Fred, con aria offesa "avrò fatto sì e no tre passi!"
"...per rincorrere un cane randagio fino a sotto il tavolo del buffet" aggiunse George, con un atteggiamento che ricordava molto quello del Signor Weasley.
Fred sbuffò sonoramente.
"Mi ha provocato, va bene! Scommetto dieci galeoni che si tratta di uno scherzo di Malfoy"
"Di Malfoy?" domandò Neville, sorpreso "che c'entra Malfoy?"
"Ma dai, l'ultima volta che qualcuno mi ha squadrato così a fondo l'ho dovuto portare a cena fuori" rispose Fred, beffardo, a malapena mascherando un po' di amarezza nella voce.
"Figurati se Malfoy ha il senso dell'umorismo per fare un collegamento del genere" commentò George, scettico
"Non penso che Malfoy sia un problema" commentò Neville, sottovoce. Entrambi lo guardarono con evidente stupore "Hermione l'ha invitato qui, quindi possiamo dargli il beneficio del dubbio. Se non ci fidiamo del giudizio di Hermione, non possiamo fidarci più di nulla, no?"
George lanciò un'occhiata di sbieco a Fred, che sembrava essersi improvvisamente rabbuiato.
"Immagino di sì" rispose George, con una scrollata di spalle.
"Devo tornare di là" sospirò quindi Neville, scuotendo la testa "anche se devo dire che non vedo l'ora di vedere come andrà a finire. Spero solo di non dovermi davvero sposare entro notte, la nonna mi ucciderebbe"
Lanciò quindi un'occhiata a Fred, che ora guardava con ostentato interesse una piccola pianta rosa e bulbosa.
"Davvero, Fred... sei troppo testardo. Nessuno ti giudicherebbe se ti prendessi una pausa. Non sei un bolide umano."
Fred mise su un'espressione testarda, immediatamente specchiata da George, che però annuì.
Capendo che Neville stava per uscire, Hermione si buttò in mezzo alle felci, nascondendosi come una ladra. Aspettò che i suoi passi si fossero allontanati, prima di azzardarsi a far sporgere di nuovo la testa oltre le foglie.
Fu accolta dallo sguardo malandrino di George, che la squadrò con un sorriso saputo, beccata in flagrante.
"Io-" inziò a giustificarsi Hermione, ma lui la interruppe poggiandosi un dito davanti alla bocca e facendo l'occhiolino.
"Devo andare da Angelina" disse George ad alta voce "tu vedi di non toglierti quell'impiastro di dosso, anche se puzza come il ghoul della Tana"
Gli arrivò un proiettile di vesti appallottolate dritto sul naso, ma questo non gli impedì di ridere, per poi fare un cenno complice a Hermione, ancora basita in mezzo alle piante.
Rispedì indietro il colpo, e poi si allontanò fischiettando, svagato.
Hermione sentiva di nuovo la tachicardia martellare come un rullo di tamburo nelle orecchie e il respiro corto. Per qualche ragione, si sentiva avvolta da un'improvvisa timidezza.
Il giardino sul retro era piccolo e appartato, e il caos della festa risultava attutito. In quel silenzio si potevano sentire i lievi suoni del sottobosco: il vento che muoveva le foglie del pioppo facendo cadere piano grossi fiocchi di polline bianco; il cicaleggio delle gazze, allegro e chiassoso, forse disturbato dagli strani rumori portati dalla nuova folla di ospiti; il ronzio pigro di un insetto, intento ad aleggiare sulla cresta delle enormi peonie stalattiti, attirato dal profumo invitante di pane emanato dai petali appena schiusi.
Fred si mosse un po', con un mugugno, e Hermione rizzò le orecchie, incuriosita. Lo sentì sospirare profondamente, un suono accorato che non gli avrebbe sentito produrre normalmente, sicuramente non se avesse saputo di essere spiato. Provò un nuovo moto di vergogna a invadere così la sua privacy.
Dovrei tornare di là, pensò tra sé e sé, severa. Ma l'idea di gettarsi di nuovo in pasto a Bonky non le sorrideva affatto, né il dover trovare un modo per spiegare la sua nuova (sigh!) gravidanza. Senza volerlo, si lasciò sfuggire a sua volta un sospiro scoraggiato.
Dalla serra i piccoli rumori si interruppero di colpo, e lei si mise una mano davanti alla bocca, maledicendosi internamente.
"...Hermione?"
La voce di Fred era una specie di mormorio esitante che la mise all'erta. L'aveva vista? Aveva sperato così a lungo di avere sue notizie, negli ultimi mesi, e adesso che poteva avere qualche risposta se ne stava seduta lì col sedere sul terriccio umido, nascosta come una bambina.
"...Sì"
Si sentì rispondere, a mezza v0ce, il che produsse un nuovo, lungo silenzio. Una gazza iniziò a gracchiare vicinissima, al di sopra del gorgogliare invisibile del ruscello.
"Posso entrare?" chiese, con quella nuova e imprevista timidezza che faceva capolino tra le sue parole.
Da dentro si udirono nuovi rumori, come se Fred si stesse dimenando sul tavolo.
"No" rispose Fred, di botto, per poi aggiungere subito "sai, sono in déshabillé, e non vorrei che Neville diventasse geloso"
Hermione lanciò un verso indignato, e sentì Fred sghignazzare alla sua reazione. Che maledetto...!
"Beh, correrò il rischio" annunciò, strisciando fuori dalla sua tana arborea "al massimo se siamo fortunati ti schianterà in preda a un delirio di gelosia, e allora..."
Ma il resto della frase le morì in bocca quando entrò dalla porta.
Il tavolo, di solito ingombro di terra, vasi, strumenti e libri, era stato sgombrato con una certa fretta, che faceva trasparire un'urgenza preoccupante. Lì sopra disteso, con i gomiti puntellati in una posa da bagnante sfaccendato, c'era Fred. Una massa informe di vestiti gli copriva la parte inferiore del corpo, e Hermione considerò che ce li avesse gettati un attimo prima, ma non riuscivano a nascondere completamente le profonde cicatrici violacee, coperte dal denso unguento di dittamo.
"Questa roba puzza come un secchio di cacca di Ippogrifo" disse lui, forse per allentare un po' la tensione "anche se in confronto ai calzini di Ron sembra acqua di rose"
Le labbra di Hermione tremolarono, senza che potesse fermarsi.
"E' la tua punizione per aver saltato le ultime... duecento medicazioni?" rispose, candidamente, appoggiandosi a un enorme vaso contenente un piccolo bulbo verdastro.
"Sono molto offeso che tu mi ritenga un tale scellerato" Fred fu velocissimo ad adeguarsi al suo tono, apparentemente sollevato che la conversazione si stesse svolgendo in modo così leggero "ho continuato ad applicarmi questa melma schifida ogni giorno da solo dimostrando caparbietà e innato eroismo"
"E senza mandare neanche un gufo per vantarti della cosa" ribatté subito Hermione. Il sorriso di Fred si congelò appena sul suo viso, mentre lei incrociava le braccia e faceva vagare un po' lo sguardo per la serra.
"Già, sono un esempio di modestia e virtù" fu la risposta, ma il tono scanzonato cominciava a sfaldarsi appena.
Hermione avrebbe voluto dire tante cose. Cose che le pesavano addosso da mesi, che si erano arricciate come ashwinder nel suo petto, un nido indistricabile e pronto a prendere fuoco. Eppure non voleva distruggere quel piccolo momento di pace. Riportò lo sguardo su Fred, che la stava guardando con attenzione. O era preoccupazione? Gli fece il sorriso migliore che riuscì a trovare, e si avvicinò di qualche passo con un buffo saltello per esorcizzare i sentimenti malinconici che, in quel momento, non voleva proprio provare.
"Un vero martire" approvò, con forzata allegria "forza, fammi vedere che succede, o non potrò essere di nessun aiuto quando ci sarà da scrivere la tua biografia..."
Allungò una mano per sollevare i vestiti depositati sulle sue gambe, ma lui fu velocissimo ad afferrarle i polso.
"Ah, spiacente, ho deciso di seguire l'esempio di Allock e scriverla da solo. Non penso che qualcun altro potrebbe rendere giustizia alle mie gesta" la canzonò, ma una nota dolente e stonata non confermava la leggerezza delle sue parole.
Il cuore di Hermione suonava come un piccolo animaletto in trappola, batteva così forte da sembrare un mormorio, e sentì il sorriso morire lentamente. Fred non la stava proprio guardando, sembrava molto interessato a una ragnatela che pendeva proprio di fianco a loro, quasi invisibile alla luce brillante del primo pomeriggio.
Hermione sentì un moto di insurrezione. Sapeva che si stava comportando male, ma qualcosa di riottoso nel suo petto si sentiva ingiustamente offeso, indignato e ferito. Che fosse il suo orgoglio o qualcosa di più meschino, non lo sapeva, e nemmeno le interessava. Fece uno scatto cercando di afferrare i vestiti con l'altra mano, ma Fred, pure con un moto di sorpresa evidente, le acciuffò pure quella.
"Ah!" sbuffò Hermione, dando voce alla sua frustrazione "ma insomma!"
Lo guardò dritto in faccia, con le sopracciglia aggrottate e la bocca stretta in disapprovazione. Anche lui adesso sembrava più serio, e aveva smesso di ostentare leggerezza. Non le piaceva quello sguardo, era troppo intenso per Fred, e, in qualche modo inspiegabile, le sembrava ancora disonesto.
All'improvviso, senza nessun segnale, la lasciò andare con una piccola spinta, che la fece inciampare leggermente sui suoi piedi, e scoppiò in una risata secca, scuotendo la testa.
Mi prende in giro! pensò, imbufalita. Cercò di lanciarsi ancora nella sua direzione, ma si trovò di nuovo spedita indietro senza troppa fatica.
Stupidi... stupidissimi maschi e i loro stupidissimi muscoli!
Adesso ne aveva abbastanza. Sfilò velocemente la bacchetta dalla tasca, e pensò furiosamente WINGARDIUM LEVIOSA!
Fred ebbe appena il tempo di spalancare la bocca in una muta protesta, che i vestiti si alzarono in aria, rivelando ciò che stava cercando di nascondere.
La rabbia di Hermione si sgonfiò così velocemente che neanche si accorse di star abbassando la bacchetta, lasciando che l'incantesimo svanisse. Fred fu lesto a riprendere i vestiti, ma questa volta si infilò in fretta i pantaloni, lanciandole un'occhiata furiosa.
Hermione capì immediatamente di aver passato il limite. Cosa le era saltato in mente, di violare la sua privacy in quel modo? La vista delle sue gambe, coperte di livide cicatrici violacee, le pulsavano nella retina, impresse. E probabilmente era esattamente ciò che lui stava cercando di evitare.
Stupida, stupida.
"Fred... io..." iniziò, senza sapere esattamente cosa dire, stringendo convulsamente la bacchetta tra le mani. Lui ora non la stava guardando, ma aveva un'espressione ostinata mentre si riagganciava la protesi magica, e non le rispose.
Lei fece di nuovo un passo avanti, con esitazione.
"Fred, mi disp-"
"Non hai fatto nulla di male" rispose, con una strana voce pacata che non le piacque per niente. Sentiva gli occhi che le pizzicavano, ma fece del suo meglio per trattenersi. Non sapeva cosa dire, sentiva le parole frullarle nella testa come api.
"Ho esagerato" gli rispose, e sentì di avere la voce un po' tremula. Si odiò, per questo.
Le spalle di Fred si tesero un po', ma continuò a non risponderle. Le api nella sua testa cominciarono a pungere.
"Io... volevo solo sapere come stai. Sono mesi che non ci parli, e non sapevo più cosa pensare. Ero p-preoccupata" strinse di nuovo le labbra, pentendosi subito di star trasformando le sue scuse in una fiera dell'autocommiserazione. Si strofinò velocemente gli occhi, cercando di impedire alle lacrime di uscire fuori, ma quando li riaprì Fred era in piedi di fronte a lei, e sfoggiava un sorrisetto tiepido.
"Non hai nulla di cui preoccuparti. Sono in ottime mani" le rispose, mostrando comicamente i palmi alzati e facendo vibrare le dita. Questo le provocò una piccola risatina. Senza neanche pensarci, si avvicinò del passo che li separava, e gli appoggiò la fronte sul petto. E, con sua grande sorpresa, sentì le sue mani poggiarsi sulle spalle.
Mi sei mancato.
Pensò, sottovoce, sapendo che non avrebbe mai potuto confessarlo a cuore aperto come aveva fatto con Ginny.
Da qualche parte, in quell'ultimo strano, lungo anno, la sua presenza era diventata un conforto, avevano riso insieme quando avevano entrambi il cuore pesante, condiviso lunghe nottate a parlare di niente, e senza che se ne accorgesse la sua presenza era diventata così naturale da lasciare un vuoto doloroso quando era mancata. Strofinò ancora un po' la fronte sulla sua maglia, un contatto nuovo e un po' strano, ma non imbarazzante come avrebbe pensato.
Le sue mani sulle spalle erano simili a un'abbraccio che non la stringeva, ma la ancorava a terra.
"Non sparire di nuovo, va bene?" disse, con tono allegro, nascondendosi dietro a un dito insieme a tutti i suoi pensieri.
"Va bene" rispose lui.
D'impulso, Hermione alzò la testa per guardarlo in faccia, timorosa di vedere un'espressione scherzosa a nascondere le sue intenzioni, ma il sorriso di Fred era onesto e semplice, fin troppo facile da imitare.
Si era quasi dimenticata di ciò che la aspettava nel giardino di fronte, assorbita com'era dal piccolo bozzolo silenzioso della serra, ma fu riportata bruscamente alla realtà da un botto tanto forte da far tremare i vetri intorno a lei.
"Ma che diavolo...?" domandò, scostandosi da Fred per correre in direzione della porta. Lui la seguì con passo indolente, in apparenza per nulla preoccupato.
Dal guardino provenivano voci concitate, e dopo qualche istante un altro botto, anche se più piccolo, diede a Hermione la spinta necessaria ad accelerare il passo.
Quando superò la fiancata della casa e arrivò al tendone, trovò una strana scena ad accoglierla: un lato del tendone era collassato, e un Hagrid sopraffatto dall'imbarazzo stava urlando scuse a chiunque si trovasse in un raggio utile a sentirle. Doveva essere appena arrivato, ma questo non impediva a Bonky di saltellare davanti a lui, strepitando epiteti intellegibili con la sua vocetta acuta. Poco lontano da lei, Draco Malfoy aveva in braccio il temibile cane tripode, e lo guardava con visibile sconcerto e schifo. In tutto ciò, un paio di operai vestiti d'argento stavano facendo levitare un'enorme, mostruosa statua di ghiaccio raffigurante un panciuto cupido con tanto di freccia.
"Wow" disse Fred, con un breve fischio.
"Wow un accidenti" disse Hermione con voce soffocata, cercando con lo sguardo Neville: lo scovò vicino al tavolo delle vivande, intento a consolare un Ron dall'aria funerea. Non avendo nessuna intenzione di avvicinarsi, puntò verso Hagrid, ma fu fermata dal braccio di Fred, parato davanti a lei.
"Vado io" le disse, con un occhiolino "se Hagrid ti vede adesso inizierà a piangere come una fontana, garantito"
E detto ciò si avviò nella direzione dell'allegra coppia. Hermione lo guardò allontanarsi, stupita di quell'improvviso spirito altruista. George, nel frattempo, si era lanciato in aiuto degli operai, bilanciando un assai precario wingardium leviosa in modo da evitare la truculenta morte di qualche invitato per mezzo della freccia di Cupido. Hermione notò che, in effetti, tale freccia puntava proprio nella sua direzione, e si affrettò a fare un passo indietro, con una certa ansia.
Nel farlo, andò quasi a sbattere contro Malfoy, che sembrava star cercando di defilarsi dal centro dell'attenzione. Lei lo guardò per un secondo, sbattendo le palpebre, perplessa dall'allegra e sbavosa bracciata di canide che teneva a mo' di donzella.
"Ehm. Puoi spiegare?" chiese, con genuina curiosità. Lui alzò il naso per aria nella sua migliore performance di nobile alterigia, che fu giusto un pelino rovinata dal fatto che la bestia stesse cercando freneticamente di leccargli le orecchie.
"E' il mio cane e ci faccio ciò che voglio, Granger" rispose, riuscendo a vendere anche abbastanza bene il tono arrogante e vagamente annoiato di chi sta spiegando una palese ovvietà.
"...Il tuo cane" sillabò Hermione, incredula. Quelle erano tre parole che non pensava avrebbe mai associato a Malfoy.
"Così pare" fu la risposta perentoria, mentre un'idea di ciò che poteva essere avvenuto iniziava a farsi strada nella mente di Hermione, che fece del suo meglio per mantenere una certa serietà.
"Ah. E posso sapere il suo nome?" domandò educatamente. Malfoy sembrò essere stato preso in contropiede, e aprì la bocca per dirle di farsi gli affari suoi (o almeno, la sua faccia aveva esternato già da sola il concetto molto chiaramente), ma la richiuse subito, assumendo un'espressione di marmo.
Hermione si concentrò al massimo per non scoppiare a ridere. Miseriaccia, possibile che stesse iniziando a trovare piacevole la compagnia di Malfoy? Il mondo era forse impazzito?
"Balthazar" rispose quindi l'altro, con una serietà sospetta. La stava prendendo in giro?
Hermione fissò il botolo bavoso e ruvido che riposava felice tra le braccia del suo (supposto) padrone. Aveva un orecchio storto, il muso troppo corto rispetto alla testa, una coda sottile e comicamente arricciata da una parte, e gli mancava una zampa. Era la cosa meno Balthazar che Hermione avesse mai visto in vita sua.
"Bel nome" commentò comunque, tendendo al massimo gli addominali per evitare di scoppiargli a ridere in faccia. "E c'è un motivo in particolare per cui lo stai cullando...?"
"Il tuo elfo domestico si era fatto delle strane idee" rispose lui, mentre lenta ma inesorabile la sua caratteristica espressione da che schifo iniziava a farsi nuovamente strada sui suoi lineamenti "pare che volesse trasformarlo in uno scendiletto"
Hermione dovette far ricorso a tutta la sua forza interiore per trattenersi ulteriormente.
"Bonky non è il mio elfo domestico" lo corresse quindi, un po' indispettita dalla scelta di parole.
"E meno male" fu la risposta di Malfoy, che sembrava non provare più tanta simpatia per l'esserino. Cosa poteva essere successo nell'ultima mezz'ora?
Ora che lo notava, comunque, sembrava essere calato uno strano silenzio tra gli astanti. Si voltò verso il gruppo più vicino, che guardava un punto tra gli alberi, poco lontano, bisbigliando in modo concitato. Hermione strizzò gli occhi, cercando di capire quale fosse la causa del clamore. Una figura alta e scura era immersa tra le ombre dei pioppi, e insieme a lei c'era Neville, con l'aria tesa e preoccupata.
"Che ci fa lui qui?" chiese Malfoy, facendo comicamente eco alle parole pronunciate da Fred e Ron al suo arrivo.
"Lui chi?" domandò Hermione, confusa.
"Sei diventata cieca, Granger?" ribatté Draco, con la sua solita voce sprezzante "se non riconosci neanche più Piton sarà il caso che ti metta degli occhiali."
Hermione rabbrividì appena sotto il sole di mezzogiorno. Ecco una persona che mai, mai avrebbe voluto incontrare lì, nella piccola oasi di pace del cottage, lontana dai problemi e i dolori del mondo e del passato. E Neville doveva pensarla esattamente come lei.
Oh, Neville, pensò, preoccupata, guardandolo fronteggiare a capo ben dritto, nella placida aria estiva, la persona che più aveva detestato in tutta la sua vita.
Balthazar ansimava contento tra le braccia del suo padrone, e Hermione si chiese, per l'ennesima volta quel giorno, cosa mai potesse ancora succedere.